martedì 29 dicembre 2009

Le mie "critiche" alla lege Biagi - Luc@



Vorrei rispondere, anche dal mio blog, a chi può aver considerato "eccessiva" la mia "critica" all'attuale stesura della legge Biagi presente sul blog Italians. Lo faccio riportando una lettera inviata in queste ore ad una lettrice del blog :

Buonasera,
preciso subito... la legge Biagi non è del tutto negativa...
ma bensì incompleta... ecco perché ho scritto "così com'è non va".

Attualmente anch'io lavoro grazie ad essa,
ma da ben tre anni nella stessa azienda e svolgendo praticamente un attività da dipendente
con le mie otto ore al giorno lavorate ( a dire il vero è da dieci anni che ho a che fare con questi contratti...).
Poi mi giro verso la mia collega, con la quale ho anche un ottimo rapporto,
la quale è assunta e percepisce due mensilità in più delle mie e beneficia di tutta una serie di vantaggi che il sottoscritto non ha...
Invidia ? Ma per favore...
D'accordo... anche un giorno verrà il mio turno... ne sono sicura Annalisa e mi creda... me lo merito.

Perché questa legge è stata così tanto utilizzata per far lavorare migliaia di giovani in aziende
a scapito dei contributi che andrebbero regolarmente versati ai lavoratori in quanto , a tutti gli effetti, svolgiamo un lavoro
da "dipendente" ?.
Perché mio padre ha dovuto corrispondere alla badante di mia madre, invalida, la tredicesima, e a suo figlio,
che lavora otto ore al giorno nella stessa azienda da tre anni nulla ?

Ma perché un azienda deve poter tenere a progetto o "in prova" una persona anni,
6 mesi non sono magari sufficienti ? Vogliamo proprio tutelare l'azienda ? Facciamo un 6 + 6 ?

Non credo di poter essere etichettato come presuntuoso,
semmai molto toccato da vicini dal problema, tanto che
il sottoscritto da anni scrive e si interessa al tema...
anche con un blog... http://unsassolinonellascarpa.blogspot.com/.

Ho anche preso carta e penna scrivendo a Marina Biagi e ottenendo risposta dall'illustre Pietro Ichino,
ottenendo una serie di puntuali precisazioni (copia del carteggio è presente sul mio blog).

Le poche conquiste e i molti diritti, credo proprio di poter dire, negati a migliaia di ragazzi nella mia stessa condizione
sono frutto di una politica disinteressata nei confronti dei giovani, e mi permetta di scrivere che spesso i grandi sindacati han guardato da un altra parte...

A stento i precari sono riusciti ad ottenere un minimo di copertura economica nel caso che i contratti non vengano riconfermati.

Le sembra, in fondo, molto ?

Cordialmente

giovedì 24 dicembre 2009

Buon Natale !!! - Luc@



Un sereno, per quanto possibile, Natale a tutti...
Luca

http://www.youtube.com/watch?v=zUEvX2_qPmc
(link al video)

mercoledì 23 dicembre 2009

Un campione solo in pista o anche come uomo ??? - Aggiornamento




Raggiunto nella notte l'accordo a favore degli operai Yamaha.
L'azienda chiederà la cassa integrazione per tutti i dipendenti.

Un campione solo in pista o anche come uomo ? - Luc@



Qualcuno potrebbe pensare... ma questo ragazzo perché non si fa i cazzi propri ?

Ho contattato via mai il fan club ufficiale di Valentino "Broom Broom" Rossi in quanto ritengo siano persone che forse hanno modi ed opportunità di mettersi in contatto con Valentino.

Visto il perdurare della situazione, mi permetto di dire, tragica dei lavoratori Yamaha di Lesmo,
stando a quanto visto sul web e dichiarato dai lavoratori stessi
(http://www.youtube.com/watch?v=qmlAHQhzvHU),
davvero Valentino Rossi non ha speso una fottuta parola per i ragazzi che stanno protestando da giorni a Lesmo per la chiusura dello stabilimento deciso dall'azienda
(http://www.asca.it/news-YAMAHA__IDV_CHIEDE_INTERVENTO_VALENTINO_ROSSI_IN_AIUTO_LAVORATORI-883362-ORA-.html) ???

Mi aspettavo magari un messaggio sul suo sito...

Mi sono collegato e mi è apparsa una musichetta pseudo natalizia che, scusa, mi è sembrata una presa per il c... !!!

Questi ragazzi avrebbero bisogno di un messaggio... possibile che l'uomo Valentino Rossi non lo capisca ?

Oltretutto sarebbe un bellissimo gesto...

O anche qui... l'uomo Rossi non capisce o non sa
(come con la vicenda del fisco...) ?

Ma neanche i campioni altruisti di una volta ci sono più ?
Dobbiamo rimpiangere i Ferrari, gli Ascari, i Nuvolari e i Senna ?!!!

Luca

mercoledì 25 novembre 2009

Chi paga le pensioni agli altri? I precari. Versano 8,3 miliardi e incassano nulla. - post dalla rete

Chi paga le pensioni agli altri? I precari. Versano 8,3 miliardi e incassano nulla. Cornuti e mazziati…

Il bilancio ufficiale dell'Inps dimostra che i profondi deficit di alcuni fondi e categorie sono coperti con i contributi dei para subordinati che in pensione per ora non vanno Ecco le cifre dei deficit, contributi e pensioni categoria per categoria

Chi paga la pensione, bassa ma sicura, ad agricoltori, artigiani, commercianti e pure ai sacerdoti? E chi paga la pensione, più ricca ma altrettanto sicura, a dirigenti di azienda, lavoratori del settore elettrico, trasporti e telefonico? Risposta ovvia: lo Stato, i rispettivi Istituti di Previdenza. Sì, sono questi che pagano. Ma con i soldi di chi? Risposta meno ovvia: con i soldi dei lavoratori precari. Sorpresi? Increduli? Fateveli passare stupore e scetticismo: è tutto scritto nel bilancio ufficiale dell’Inps.

Il fondo dei coltivatori diretti è in deficit crescente, da 4,9 a 5,2 miliardi di euro. Per deficit si intende la differenza tra contributi versati e pensioni pagate. Il deficit del fondo artigiani sale da 3,7 a 4,2 miliardi, quello del fondo dei commercianti sale da 373 a 702 milioni, quello del clero da 111 a 116 milioni. In attivo è il fondo dei lavoratori dipendenti, ma un attivo che smagrisce da 8,1 a 5,8 miliardi. Smagrisce perché il fondo dirigenti di azienda, ex Inpdai, è in deficit per 3,6 miliardi, di due miliardi quello degli elettrici, di 1,1 quello dei trasporti e di 961 milioni quello dei telefonici. Stanno tutti dentro il grande fondo lavoratori dipendenti, ma questi fondi di settore il grande fondo lo tirano giù.

E allora chi lo tiene a galla? Proprio loro, i precari, detti “lavoratori para subordinati”. Sono 1,6 milioni su 18,7 milioni di iscritti all’Inps e pagano di contributi il 25, 72% del reddito (nel 2010 il 26,72%). Pagano e non riscuotono nulla perchè pagano dal 1995, troppo presto perché qualcuno di loro possa essere già andato in pensione. Quindi con i soldi dei loro contributi si pagano le pensioni di chi in pensione è già andato anche se appartiene ad altre categorie. Infatti il sistema previdenziale è “a ripartizione”, vuol dire che le pensioni si pagano non con i contributi da ciascuno versati prima di smettere di lavorare ma con i contributi versati da chi sta ancora lavorando. I precari lavorano, poco. Pagano, tanto. E incassano per ora nulla e in futuro pochissimo. Però nel frattempo fanno tornare i conti dell’Inps, anche se non tornano quelli “sociali”, con la categoria più debole che paga le pensioni di quelle più forti.

I contributi versati dai lavoratori autonomi sono infatti in media il 20 per cento del reddito. Ne ricavano poco di pensione, tra gli oottomila e gli undicimila euro annui. Però per avere le stesse pensioni i lavoratori dipendenti pagano il 33 per cento e i precari, si è visto, circa il 27 per cento. Non bastasse, le pensioni erogate dai fondi in profondo deficit sono tra le più alte: 49 mila euro annui per i dirigenti d’azienda, 25mila per i telefonici, 24mila per il settore elettrico e 20mila per quello trasporti. In tutto circa 400mila persone.

Per adesso funziona così, per adesso…Fino a quando l’Inps, anche attraverso questi poveri che pagano ai meno poveri, continua a finire il suo bilancio annuale in attivo. Ma tra pochi anni o si aumentano i contributi pagati o si tagliano le pensioni o si va in pensione più tardi. A chi si aumenteranno i contributi? Per i precari è già previsto si salga fino al 28 per cento. Salirà ancora l’aliquota mentre quella degli altri resta al 20 per cento? E’ possibile abbassare pensioni da mille euro al mese? Quanto ci vorrà e si arriverà mai ad un’età effettiva e generale di 65 anni per andare in pensione? Per ora è possibile non rispondere a nessuna di queste domande scomode: i precari versano 8,3 miliardi all’anno e in pensione non ci vanno, ecco la “quadra”. Dunque precari e non solo, anche “cornuti e mazziati”.

Fonte: http://www.blitzquotidiano.it/economia/chi-paga-le-pensioni-agli-altri-i-precari-versano-83-miliardi-e-incassano-nulla-cornuti-e-mazziati-158237/

mercoledì 4 novembre 2009

"Di fronte alla crisi Noi investiamo" - Luc@



Con che coraggio l'AD della nota televisione che si rivolge proprio ai ragazzi può dichiarare di fronte alla crisi "Noi investiamo" ???.
http://archiviostorico.corriere.it/2009/novembre/02/Mtv_sfida_YouTube_con_mila_co_9_091102036.shtml
L'articolo, mi spiace criticare il giornalista Andrea Laffranchi non aveva un minimo di contraddittorio.
Ho conosciuto situazioni di amici sfruttati per anni, ragazzi che sono stati lasciati a casa in occasione della recente crisi).
Sul tema esiste anche un dettagliatissimo blog:http://mtvisnotsocool.blogspot.com/.
Non mi piace che una persona che amministra un azienda non garantendo i diritti fondamentali dei propri lavoratori vada in giro a rilasciare interviste, tenere conferenze o essere citato come un "guru" della comunicazione.
.

mercoledì 28 ottobre 2009

Lettere al ministro Tremonti... - post dall rete

Riprendo un post dal blog del quotidiano "Il fatto quotidiano":

Il posto fisso e la legge 30
Buonasera Ministro, le scrivo in merito alla sua frase sul "posto fisso". Per mia fortuna sono abbastanza vecchia da aver potuto accedere ad un lavoro con un contratto a tempo indeterminato. Sono ormai 30 anni che lavoro nella stessa azienda, ma il posto fisso non mi ha mai fatto pensare di potermi permettere di essere una fannullona o di riposarmi a casa presentando certificati medici.

Non vorrei sembrare sgarbata, ma la tristemente legge 30 è frutto del precedente Governo di centro-destra. Legge studiata dal Dott. Biagi che non intendeva certamente, se fosse riuscito a finire il lavoro iniziato, fare della flessibilità la precarietà a vita di tantissime persone. Di uomini e di donne che con la precarietà devono fare i conti per lunghi anni e fanno fatica a fare progetti e persino a credere nei sogni. La certezza del lavoro si traduce in certezza e tranquillità di vita. Io non so se tra voi Ministri avete figli e figlie "precari/e". Non credo.

Saluti
Rosanna

martedì 20 ottobre 2009

Rassegna cinematografica e incontri "Sguardi al lavoro"



Al via la quarta edizione di “Sguardi al lavoro”, rassegna di cinema, incontri e musica promossa da Inail, Direzione Regionale Lombardia, e Fondazione Cineteca Italiana di Milano nell'ambito delle manifestazioni della Settimana Europea per la salute e la sicurezza sul lavoro.

La rassegna si terrà presso lo Spazio Oberdan (http://www.cinetecamilano.it/)
in Milano dal 23 al 29 ottobre 2009.

Cliccando su questo link troverete il programma dettagliato:
http://www.apilombarda.it/allegati/inail_cineteca_05no-croc-L.pdf

giovedì 1 ottobre 2009

In arrivo sostegno al reddito per gli ex interinali - articolo


Oltre 13 mila gli assegni una tantum da 1300 euro previsti dal governo per chi ha lavorato almeno 6 mesi tra il 2008 e 2009 ed è disoccupato da almeno 45 giorni

Sono più di 13 mila gli interinali che hanno perso il lavoro nel 2009 a essere inseriti dal governo in percorsi di politica attiva e sostegno al reddito. L'esecutivo ha previsto una tantum di 1300 euro - al lordo delle trattenute - qualora non si disponga di altre forme di reddito o indennità pubbliche (per i co.co.pro la misura è pari al 20% del reddito percepito nel 2008); in più, un voucher dai 700 ai 5 mila euro finalizzato alla fruizione di percorsi formativi.

Entra nella fase operativa l’intesa sottoscritta lo scorso maggio dal ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali con Assolavoro e le organizzazioni sindacali, con la quale il governo ha stanziato 39 milioni di euro come percorso di reinserimento dei disoccupati.

I requisiti per poter beneficiare del sussisio una tantum sono almeno 78 giornate di lavoro dal 1° gennaio 2008, 45 giornate di calendario di disoccupazione alla data della domanda. Inoltre non bisogna avere altre forme pubbliche di sostegno del reddito (disoccupazione ordinaria o ridotta). Le domande vanno presentate direttamente alle Agenzie del lavoro.

Il diritto a percepire il trattamento è subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale. In caso di eccedenza di domande pervenute, sarà data priorità ai lavoratori con 40 anni di età o con figli a carico.

Per richiedere la prestazione è necessario scaricare, stampare e compilare un modulo dal sito di EBITEMP (Ente Bilaterale del Lavoro Temporaneo, www.ebitemp.it) e allegare i seguenti documenti:
- fotocopia di un documento di identità (carta d’identità o passaporto);
- copia delle buste paga relative ai 12 mesi precedenti la presente domanda;
- autorizzazione al trattamento dei dati personali;
- certificato di stato di disoccupazione rilasciato dal centro per l’impiego.

I moduli di domanda sono disponibili anche presso le filiali delle Agenzie per il Lavoro o presso le sedi di Alai-Cisl, Nidil-Cgil e Uil-Cpo.

di Luca Puddu

Fonte: Repubblica (30 Settembre 2009)

mercoledì 23 settembre 2009

Se il nuovo sogno è uno stipendio a vita - articolo

A proposito del nuovo gioco della Sisal mette in palio una rendita di 4 mila euro al mese

di BEPPE SEVERGNINI


I sogni si adeguano. Fino a ieri la vincita che ti cambiava la vita, oggi la rendita che te la sistema, o quasi. L’idea della Sisal — mettere in palio un vitalizio di quattromila euro esentasse per vent’anni — è abile, e dimostra conoscenza dell’animo umano. Si passa dalla fantasia impossibile alla speranza abbordabile, dall’eventualità di trasformarsi in un sultano a quella di diventare uno stipendiato. Senza lavorare. Prospettiva vagamente immorale, quindi graditissima.

Cambia l’orografia del gioco. Una volta c’era il «montepremi»: fin dal nome, alto e irraggiungibile. Oggi i premi diventano colline, alture, dossi impiegatizi. Qualcuno potrebbe dire: ma no, se vinco, datemi 960mila euro— subito! La rateizzazione delle vincite, tuttavia, piacerà a molti. A chi ritiene di avere le mani bucate, e preferisce questa dose omeopatica di buona sorte. A chi pensa ai figli che — comunque vada — erediteranno la vincita. Agli abitudinari, che già immaginano la gioia a puntate. Ogni mese, per vent’anni, quattromila euro (netti). Lo stipendio di dirigente, senza dirigere alcunché. Il sogno erotico di un prepensionato senza età.

L’unica categoria cui la novità potrebbe non piacere è quella dei precari: la loro vita è già una lotteria. È vero, non devono acquistare il biglietto, per provare il brivido dell’incertezza. E, se vincono, vincono poco. Mille euro al mese, non quattromila. Per venti mesi, se va bene, non per vent’anni. Win for Life!, vinci per la vita!, grida la Sisal. Grazie, ci basta pareggiare, sussurrano Silvia e Salvatore, che ancora non riescono a sposarsi.

martedì 15 settembre 2009

Studio e lavoro - Luc@



Prendo spunto dall'articolo pubblicato oggi http://milano.corriere.it/ sulla chiusura della scuola serale Ghandi.

Al di la del fatto che il "sistema scuola" in Italia ha già i suoi problemi e non credo che le scuole italiane possano essere annoverate tra quelle eccellenti del pianeta,
un discorso a parte meriterebbero le scuole e le università serali.

La chiusura dell'istituto milanese impedisce, di fatto, a chi desidererà d'ora in poi diplomarsi a prezzi modici di farlo.

L'istruzione "serale" sia di tipo di "liceale" che di tipo "universitario" sembra essere in mano a strutture private dai costi "salati" e che godono di scarsa reputazione
(forse un'isola felice potrebbe essere rappresentata dalla prestigiosa ma non economica facoltà di economia dell'università Cattolica).

Nello specifico il sottoscritto starebbe pensando di
intraprendere un corso di laurea o qualcosa di simile ad indirizzo letterario/giornalistico.
Da diplomato ci sono due percorsi...
Ho provato ad interessarmi ed ho cercato una facoltà di lettere serale: ho trovato solo un università on line che sta facendo molta pubblicità attraverso volti noti.
L'alternativa è il classico corso "diurno".
Ma a trent’anni è possibile conciliare studio universitario e lavoro ?

In alternativa esistono dei "corsi", tra i quali ne ho notato uno per "giornalismo d'inchiesta" organizzato dalla società Umanitaria con il patrocinio del comune di Milano dal numero di ore contenuto ma ad un prezzo giusto.
Un candidato inoltre avrà la possibilità di intraprendere uno stage presso una redazione.

Mi piacerebbe sapere il vostro parere su questi temi.

Non sarebbe il caso di programmare o investire sull'istruzione serale, forse perchè la nostra generazione non potrà permettersi di mantenere i propri figli all'università ?

Luca

lunedì 3 agosto 2009

Buoni pasto - articolo da Repubblica.it



La battaglia dei buoni pasto “Troppo poco per mangiare”


Ogni giorno li usano oltre due milioni di lavoratori, ma il loro valore è fermo da anni ed è ormai insufficiente a coprire la spesa di un pranzo. Consumatori, sindacati e pubblici esercizi chiedono al governo di intervenire con una campagna che ora è anche on line. E dal ministro Brunetta arrivano segnali d’interesse.

di PIETRO SCARNERA

Oltre due milioni di lavoratori li usano ogni giorno, eppure i buoni pasto non bastano più per un vero pranzo. E ora la Fipe (Federazione italiana dei pubblici esercizi), insieme a sindacati e associazioni dei consumatori, chiede al governo di intervenire. La situazione al momento è questa: la quota defiscalizzata dei buoni pasto è ferma a 5,29 euro, oltre questa cifra il buono non è più considerato un “servizio sostitutivo di mensa”, quindi scattano tasse e contributi per azienda e dipendenti.

“Il tetto dei 5,29 euro – spiega il presidente della Fipe, Lino Enrico Stoppani – non è più stato adeguato. Ma così non è stato per i costi delle materie prime e del lavoro saliti negli ultimi dieci anni rispettivamente del 28,5% e del 21,7%, producendo un incremento dei prezzi per l’intera economia del 26,2%”. Il valore esentasse dei buoni italiani è di molto inferiore a quelli europei: in Portogallo si arriva a 6,70 euro, in Francia al 7, e la Spagna ha già raggiunto il tetto dei 9 euro.

Con la crisi le richieste di un adeguamento si sono fatte più pressanti. Un aumento della quota defiscalizzata infatti farebbe crescere il potere d’acquisto dei lavoratori senza pesare sulle aziende. “Se il valore esentasse venisse elevato a dieci euro dagli attuali cinque – spiega Stoppani – questo consentirebbe ai lavoratori dipendenti con buoni pasto dal valore nominale compreso tra i 5,29 euro e i 10 euro di risparmiare complessivamente 44 milioni di imposte sul reddito, cioè circa più di 212 euro a testa”. Per sollecitare un intervento governativo si è mossa anche Day Ristoservice, una delle maggiori aziende del settore, che ha lanciato la campagna “Buono pasto a 5 euro? Non ci stiamo più”. Chi utilizza i buoni è invitato a lasciare commenti sul blog http://blog.buonopasto.it o su Facebook (clicca qui).

La battaglia, a quanto pare, comincia a dare qualche frutto. A giugno, all’assemblea degli industriali di Bologna, il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta ha affrontato il tema di come contrastare la crisi economica. “Un esempio – ha spiegato il ministro – potrebbe essere quello di detassare i buoni pasto, che vengono usati come moneta”.

Una disponibilità presa in parola dalla Fipe, che ha già calcolato quanti soldi servirebbero. “Lo Stato – spiega Stoppani – dovrebbe investire a beneficio dei cittadini una cifra variabile da poco più di 23 milioni (per un buono pasto di 7 euro) a 41 milioni di euro se il valore esentasse dovesse arrivare, come auspicabile, a 10 euro e anche oltre: cifre che, all’interno di una Finanziaria corrispondono rispettivamente allo 0,12% e allo 0,24% della manovra prevista per il 2010: cifre di normale amministrazione”.


Link articolo: http://miojob.repubblica.it/notizie-e-servizi/notizie/dettaglio/la-battaglia-dei-buoni-pasto-troppo-poco-per-mangiare/3686299

mercoledì 22 luglio 2009

Atm smetta di discriminare - Luc@



dal Corriere del 21/07/09

Immigrato respinto da Atm, il giudice:
«L'azienda smetta di discriminare»
Parzialmente accolto il ricorso del 18enne marocchino.
Salvini:sentenza aberrante, i giudici vadano in Marocco


Il Tribunale del lavoro di Milano ha parzialmente accolto il ricorso del marocchino Mohamed Hailoua, che lamentava di non poter essere assunto dall'Atm (Azienda di trasporti milanesi) a causa di un regio decreto del 1931 che prevede la cittadinanza italiana o europea per lavorare nel trasporto pubblico. L'immigrato aveva presentato reclamo contro l'ordinanza del Tribunale del Lavoro di Milano che aveva respinto un suo primo ricorso. Il collegio presieduto dal giudice Chiarina Sala ha dichiarato il «carattere discriminatorio» del comportamento dell'azienda, ordinando ad Atm «la rimozione della richiesta della cittadinanza tra i requisiti di selezione delle offerte di lavoro e delle proposte di assunzione, in moduli cartacei o telematici»

lunedì 20 luglio 2009

Solidarietà ai ragazzi di Mtv - Luc@




In queste oltre 100 ragazzi che lavorano per l'emittente Mtv sono in centro a Milano a manifestare contro i tagli che l'azienda ha intenzione di intraprendere nei prossimi mesi.
A loro va tutta la mia solidarietà (da precario e da curatore di questo blog).

C'è chi lavora nell'emittente da 8 anni...
Allora mi chiedo... come si fa ad essere precari da 8 anni ?
Cosa vuol dire essere precari per un lasso di tempo così lungo ? Significa forse seguire un mega-progetto che di anno in anno si evolve e si ingrandisce ?
No... significa semplicemente per l'azienda risparmiare un sacco di soldi e versare minimi contributi al lavoratore,
per non parlare di tutele e benefit inesistenti (malattia, ferie, maternità, permessi, ticket).
Possibile che Milano (e il panorama lavorativo italiano) possa solo offrire un costo della vita altissimo e dei salari vergognosi ?
E' questo il futuro che ci meritiamo ?

Per maggiori informazioni e per rimanere sintonizzati sugli avvenimenti:
http://mtvisnotsocool.blogspot.com/

Attenzione al mito vado in Spagna e lavoro - post dalla rete



Cari Italians e caro Beppe, eccovi un accorato appello per coloro che volessero trasferirsi in Spagna a cercar lavoro e migliorare le loro condizioni di vita. Fino a circa 4-5 anni fa valeva ancora la pena trasferirsi in Spagna: si trovava lavoro con relativa facilità, ovviamente sempre in funzione del titolo di studio, l'esperienza e la zona in cui ci si trasferiva, la vita era più economica, e ovviamente la dolce vita spagnola che è quella che è e non ha bisogno di commenti. Ma, ora come ora, delle cose citate sopra, resta solo la dolce vita. La disoccupazione è attorno al 18% e i prezzi in questi anni sono saliti vertiginosamente, soprattutto quelli di case, sia in affitto che in vendita. Lo dico perché negli ultimissimi anni e addirittura mesi gli italiani in cerca di chissà che sono aumentati esponenzialmente. Arrivano qui neo-laureati, spesso in facoltà con poco o nullo mercato (lettere, filosofia) o con un mercato già stra-saturo (traduttori, laureati in lingue). Lo dico perché riceviamo CV di italiani sedicenti traduttori quasi giornalmente. Il profilo di queste persone è molto omogeneo, non c'è varietà, non hanno nulla in più da offrire. 30enni, laureati in materie umanistiche, poca o nulla esperienza. Venire in Spagna ora può valere la pena se si è o ingegneri o informatici o simili CON ESPERIENZA, ottima conoscenza dell'inglese e possibilmente anche di un'altra lingua, meglio se il tedesco. E' quello che stanno cercando. E nemmeno abbonda questa richiesta, a dire la verità. Pensare di venire qui e sopravvivere dando lezioni di italiano è una follia. Lasciare un lavoro in Italia per venire qui in quelle condizioni è suicida. Sì, c'è la dolce vita, ma anche per quella ci vogliono soldi, specie a Madrid e Barcellona o Paesi Baschi. E nel resto delle regioni, forse più a buon mercato non c'è lavoro! Italiano avvisato, mezzo salvato...

Isabella

mercoledì 15 luglio 2009

Mastella torna a far parlare di se... - Luc@



E pensare che proprio scrivendoti su Mastella mi ero guadagnato la pubblicazione del mio intervento su Magazine del Corriere...
Quanto tempo è passato ? Però Mastella è ancora li... a far parlare di se... con una delle sue uscite pubblicata sul quotidiano "Repubblica" (http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/esteri/europa-parlamento/mastella-lamenta/mastella-lamenta.html).
Si lamenta della diaria che ricevono i parlamentari a Strasburgo... 290 euro. Spesso i nostri parlamentari in passato non hanno nemmeno brillato per numero di presenze.
E poi, diciamocelo, sarebbe ora di adeguare gli stipendi dei singoli stati a livello europeo !.
Ho creato un gruppo su FB... per riderci un po' su...
Ma il realtà ci sarebbe da piangere...
http://www.facebook.com/home.php?ref=logo#/group.php?gid=128726506258
Vorrei piuttosto che Mastella chiedesse scusa alle centinaia di migliaia di ragazzi che come me, lavorano, in silenzio e che portano a casa 1000 euro al mese,
senza tredicesima, senza quattordicesima... con ammortizzatori sociali inadeguati.
E che magari avanzasse qualche proposta costruttiva per
migliorare la nostra situazione.
Il mio spazio è a sua disposizione.
Luca

lunedì 29 giugno 2009

Bonus precari - dalla rete



Bonus precari: occhio alla scadenza del 30 giugno

Il "bonus precari" prevede che nel 2009 venga riconosciuta una somma una tantum pari al 20% del reddito percepito nell'anno precedente ai collaboratori coordinati a progetto che hanno perso il lavoro. Lo stesso bonus è riconosciuto nel 2010 e nel 2011, ma l'importo una tantum riconosciuto diminuirà fino al 10%.

Requisiti per il bonus
Per aver diritto al bonus, il lavoratore deve essere iscritto alla gestione separata dell'Inps (sono quindi esclusi gli iscritti a qualsiasi altra forma previdenziale obbligatoria). Inoltre il collaboratore deve:

  • lavorare per un solo datore di lavoro al momento in cui cessa tale rapporto, quindi se un collaboratore ha due committenti e cessa il rapporto con uno di questi, non ha diritto all'integrazione al reddito;
  • aver guadagnato nel 2009 un reddito compreso tra 5.000 e a 13.819 euro;
  • aver lavorato, nel 2008, versando regolarmente i contributi alla gestione separata per un periodo compreso tra un minimo di 3 e un massimo di 10 mesi;
  • aver guadagnato nel 2008 un reddito compreso tra 5.000 euro e 11.516 euro;
  • aver lavorato nell'anno in corso, versando regolarmente i contributi alla gestione separata, per almeno tre mesi.

Altra condizione indispensabile per ottenere il trattamento di sostegno al reddito è la dichiarazione da parte del lavoratore della sua immediata disponibilità a impiegarsi in un altro lavoro oppure a seguire un percorso di riqualificazione professionale.


La domanda di sostegno al reddito, che comprende anche la dichiarazione appena ricordata, va presentata compilando l'apposito modulo, che trovi alle sedi Inps e che puoi scaricare qui sotto.

Puoi consegnare il modulo alla sede Inps competente per territorio oppure inviarlo tramite raccomandata a/r.

Attenzione, perché i tempi stringono: ci sono solamente 30 giorni a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro per presentare la domanda di sostegno al reddito. Per chi ha perso il lavoro dall'inizio dell'anno entro il 31 di maggio, la richiesta va fatta entro il 30 di giugno.

Fonte: altroconsumo.it

martedì 23 giugno 2009

Contacta... una bella realtà torinese






Buongiorno a tutti,

oggi vorrei segnalarvi un azienda che si distingue per la politica che adotta nei confronti dei propri lavoratori: la Contacta di Torino.
Attiva nel settore dei "contact center", annovera importanti e prestigiosi clienti e non utilizza lavoratori a progetto (come dichiarato sul loro sito).
E' una scelta imprenditoriale sia etica che di posizionamento sul mercato atta a rivolgersi ad una clientela che riconosce come "plusvalore" questo modo di operare.
Mi permetto di suggerire questa strada alle aziende, le quali potrebbero intraprendere questa politica per fidelizzare maggiormente i propri clienti e garantire un alto livello di tranquillità e soddisfazione ai propri dipendenti.

giovedì 11 giugno 2009

Atm e Pari Opportunità - Luc@






Prendo spunto da un articolo on-line del Corriere sulla mancata assunzione dell'immigrato all'Atm.

Peccato che sul sito dell'azienda è riportato quanto segue:

“La diversità per una azienda moderna, di mercato che opera ed opererà sempre più in un contesto aperto e internazionale, rappresenta un asset straordinario se da tutti valorizzato.

Il Gruppo ATM è fermamente orientato a rispettare il principio delle Pari Opportunità nell’ambiente di lavoro, senza distinzione di sesso, stato civile, orientamento sessuale, fede religiosa, opinioni politiche e sindacali, colore della pelle, origine etnica, età e condizione di diversa abilità”.

Con queste parole il nostro Presidente ha presentato ai vertici aziendali nell’aprile 2008 il piano aziendale sulle Pari Opportunità.

La condivisione, l’attuazione ed il rispetto di tale principio è impegno di tutti i dipendenti, così come sancito nel Codice Etico del Gruppo:

“Le Società del Gruppo si impegnano a non attuare alcuna forma di discriminazione, diretta o indiretta, di qualunque genere nei rapporti di lavoro ed a promuovere azioni positive per le pari opportunità, valorizzando la forza della diversità” (Codice Etico del Gruppo ATM, art. 3, capo III).

fonte: http://www.atm-mi.it/it/IlGruppo/ComeLavoriamo/Pagine/Pariopportunita.aspx

Mi chiedo ? Chi vogliono prendere in giro ?
Ma perchè gli addetti alle pulizie che vedo nelle stazioni... di che nazionalità sono ?
Un abbonato Atm

martedì 26 maggio 2009

Come compilare un curriculum... - dalla rete



Ecco alcuni "accorgimenti" da seguire...
Si ringrazia il signor Ermanno Nuonno.

Molte proposte da ragazzi italiani vengono cestinate per ignoranza di galateo d'ufficio. Vorrei perciò aiutarli a farsi notare consigliando la messa in pratica di queste poche regole.
1. Quando si telefona, la persona che risponde ha la precedenza nel terminare la chiamata e non viceversa
2. Una email deve essere breve, con punti chiari e firmata
3. Quando si viene convocati per un colloquio si arriva in anticipo, vestiti e curati dignitosamente, con il cellulare spento e con gli occhiali da sole in tasca
4. Il curriculum deve essere breve, massimo di due pagine. Non usate quelli «europei» che si trovano in internet: irritano.
Il curriculum deve contenere nell'ordine seguente:
A) dati essenziali (nome, cognome, data di nascita, indirizzo e contatti)
B) attuali mansioni e responsabilità
C) gli ultimi tre-quattro lavori con date, mansioni e responsabilità
D) esperienze specifiche, corsi di specializzazione e livello di conoscenza di lingue straniere
E) ultimo grado di istruzione (solo il titolo)
F) interessi vari
G) referenze - solo quelle di lavoro.
Usare una breve lettera di introduzione, se possibile scritta a mano, sottolineando il fatto che vi considerate la persona adatta.
Non dilungatevi: se avete le caratteristiche giuste sarete chiamati a un colloquio durante il quale avrete la possibilità di «vendere» i vostri meriti.
Durante il colloquio non discutete stipendio e modalità. Infine: siate onesti, non inventate lavori mai fatti o livelli ben fuori le vostre capacità - il vostro interlocutore conosce tutti i trucchi del mestiere e scoprirà la verità in cinque minuti.
Infine: ringraziatelo per l'opportunità e ditegli che sperate di avere notizie al più presto.
In bocca al lupo.

Ermanno Nuonno

mercoledì 6 maggio 2009

Le nostre pensioni e il nostro futuro - Luca + articolo

Mentre per anni, banche e assicurazioni private incalzavano i potenziali clienti a stipulare una
pensione integrativa perché da una ricerca di questi giorni arriva una notizia un minimo rassicurante: l'Inps non fallirà (perché tutti noi vivremo di più, lavoreremo di più, saremo più
produttivi e perché potremo contare sulla leva degli immigrati che pagheranno
i contributi anche per noi).

Badate bene che saranno però necessarie un aiuto previdenziale integrativo...
diversamente si rischia di vedersi corrispondere una pensione drammaticamente più bassa dello stipendio percepito.

Certo, pensare a una pensione integrativa con 1000 euro di stipendio al mese è dura,
sapete ?

Il governo potrebbe dare qualche chiarimento in merito, invece di
preoccuparsi di Facebook o del fenomeno di "spettacolarizzazione dei
precari"... vero Brunetta ?
Da lavoratore a progetto sono molto preoccupato...


"In uno studio del Cnel e del Cer il quadro sul sistema previdenziale da oggi sino al 2050"


ROMA - Il temuto tracollo del sistema previdenziale
non ci sarà, perché vivremo di più, lavoreremo di più, saremo più produttivi e
perché un esercito di immigrati - ronde permettendo - pagherà i contributi
anche per noi. Ma detto questo i figli staranno peggio dei padri: se vorranno
far sì che il loro assegno sia più o meno riconducibile a quello dei loro
vecchi dovranno rassegnarsi ad andare in pensione più tardi.
E comunque sia, senza un sostanzioso aiuto dalla previdenza integrativa, le loro rendite saranno via via più povere. Intersecando le linee della demografia, del Pil, dell'occupazione e della durata e qualità del lavoro un corposo studio voluto ed elaborato dal Cnel e dal Cer ci racconta come sarà la nostra previdenza da ora al 2050.

Un lasso di tempo lungo durante il quale - visto il pieno passaggio che intanto si realizzerà fra sistema retributivo e contributivo - la tenuta dei conti dovrebbe restare salda: messa in rapporto con il Pil continuerà a crescere fino al 2010, ma poi finirà per l'assestarsi fra il 13,6 e il 14 per cento. Ciò sarà possibile non solo grazie al fatto che lavoreremo e produrremo di più (lo studio dimostra, tra l'altro, che a titolo di studio più alto corrisponde una vita più lunga), ma soprattutto perché l'assegno previdenziale sarà drammaticamente più basso se riferito all'ultimo stipendio percepito.

E messo in rapporto con la media dei salari il suo valore andrà affievolendosi.

Per esempio: tenendo conto del fatto che chi può avvalersi a pieno del sistema retributivo va oggi in pensione con il 67 per cento dello stipendio, chi lascerà il lavoro fra il 2020 e il 2030 avrà un assegno tarato sul 62 per cento dell'ultima retribuzione (considerando un lavoratore dipendente).

Chi lo farà nel decennio successivo partirà da una base del 55 per cento, chi ancora lascerà il lavoro fra il 2040 e il 2050 solo del 48.

Ciò vorrà dire - per poter godere dello stesso livello di partenza dei padri - dovrà rispettivamente lavorare un anno in più, tre anni in più e cinque anni e mezzo in più (che si aggiungerebbero al 61 anni considerati età minima pensionabile).

Non solo: visto che l'assegno e indicizzato alle pensioni, ma non al Pil diventeremo via via più poveri. Chi andrà in pensione nel 2024 (più o meno i quasi cinquantenni di oggi) potrà contare su un assegno che - rapportato alla media dei salari - varrà il 57 per cento.

Ma vent'anni dopo la sua rendita corrisponderà solo al 37 per cento di quello che sarà il salario medio.

Niente di inatteso in realtà: "Questo quadro nasce dalle riforme Amato e Dini" spiega Carlo Mazzaferro, professore di Scienza delle Finanze all'Università di Bolonga. Certo i giovani di adesso cominceranno a lavorare più tardi e vivranno di più, ma la loro pensione sarà a serio rischio povertà, integrazioni a parte

Autore LUISA GRION
Fonte Repubblica

martedì 28 aprile 2009

Dimenticati i ricercatori precari - intevento




Riporto un intervento del signor Luciano Afferrante:

Caro Beppe (Severgnini ndr),
spesso hai ospitato lettere-dibattito sullo stato
dell'università italiana, sulla necessità di una riforma e di uno
«svecchiamento» dei docenti.
Pur manifestando le mie perplessità sui
tagli «orizzontali» fatti dal governo (a mio avviso un intervento di razionalizzazione economica deve essere conseguente a un progetto di
riforma e non il contrario), il DL 180 aveva aperto qualche spiraglio di speranza in un cambiamento.
Tuttavia, a oggi stiamo assistendo a una silenziosa
condanna a morte dei giovani ricercatori non strutturati.
Infatti il DM che avrebbe dovuto fissare i nuovi criteri per lo svolgimento dei concorsi a ricercatore e che sarebbe dovuto uscire 30 giorni dopo la conversione in legge del DL 180, a quanto pare non è stato nemmeno abbozzato.
Contrariamente, il decreto per sbloccare i concorsi da associato e ordinario è già uscito (come se
fosse priorità garantire gli avanzamenti di carriera piuttosto che investire sulle
giovani leve).
Tuttavia questo non sorprende se si pensa che in Parlamento
siedono una quarantina di docenti universitari che, come la maggior
parte dei colleghi, non ha alcun interesse a far celebrare concorsi con regole
nuove non facilmente manovrabili.
Meglio prendere per sfinimento i migliori e
indurli a scegliere altre vie (ad esempio emigrare all'estero), in attesa di
rimandare tutto a data da destinarsi.
E se non sono queste le reali motivazioni
dell'ingiustificato ritardo nell'emanazione del decreto da parte del ministero,
dobbiamo pensare che è tutta colpa dell'inefficienza dello stesso?
Del resto, i ricercatori precari non chiedono più soldi ma semplicemente più
merito, regole nuove e il rispetto delle scadenze.
C'è ancora un barlume di speranza...
che le cose possano cambiare (a partire proprio dall'emanazione nel breve
termine del decreto), ma presto anche questa si spegnerà e allora i difensori
dello status quo dell'università italiana avranno vinto.

Cordialmente,

Luciano Afferrante

giovedì 2 aprile 2009

Foto del giorno... - Luc@

















Chiude <<24minuti>>, free press del gruppo «Il Sole 24 Ore»...
Chi distribuiva il giornale è rimasto a casa...

mercoledì 25 marzo 2009

In risposta alla lettera a Marina Biagi - lettera

Caro Luca,

Marina Biagi mi ha chiesto di rispondere alla lettera che Lei Le ha scritto, a proposito della legge che porta il nome di Marco Biagi, ucciso dai terroristi sette anni fa.
Per risponderLe compiutamente dovrei scriverLe una lettera troppo lunga, ripetendo
cose che ho gia ripetutamente scritto, in molte sedi e soprattutto sul Corriere della
Sera. Mi limito a inviarLe qui allegata copia di alcuni articoli, nei quali mi sono
proposto di mostrare:
che nella Legge Biagi non e previsto e disciplinato un solo rapporto di lavoro a
termine che non esistesse gia prima (anche se per lo più con un nome diverso: il
contratto di formazione e lavoro e tornato a chiamarsi "apprendistato", la
collaborazione coordinata e continuativa — co.co.co. — e stata ribattezzata
"lavoro a progetto"; e cosi via); in proposito veda la tabella che fa da appendice
all'articolo "La Legge Biagi sul lavoro continuità o rottura col passato?"
(Corriere Giuridico, 25 febbraio 2004): mi sembra che ne risulti con tutta
evidenza che quella legge non ha creato un solo nuovo tipo di rapporto di lavoro
precario, ma ha semmai stretto le maglie della disciplina su quelli che gia
esistevano; che su nessuno di questi rapporti di lavoro non—standard la Legge Biagi e
intervenuta ad "allargare le maglie" della disciplina, bensì sempre a regolarli in
modo più rigoroso: tant'è vero che negli anni successivi si e verificata una
riduzione dei contratti di apprendistato rispetto al numero precedente dei
contratti di formazione e lavoro, nonché una riduzione dei rapporti di ”lavoro a
progetto" rispetto al numero delle collaborazioni coordinate e continuative
precedenti; e quando il Governo Prodi ha voluto dare un giro di vite contro gli
abusi di queste forme di lavoro da parte delle aziende, lo ha fatto emanando
due circolari che applicavano più rigorosamente la Legge Biagi;
che il fenomeno della crescita del lavoro precario ha radici molto più antiche
della Legge Biagi, nel nostro tessuto produttivo: la sinistra politica e sindacale,
individuando nella Legge Biagi Ia causa principale del precariato, ha
clamorosamente sbagliato il bersaglio.
Le segnalo che può trovare numerosi altri miei articoli su questo tema nell’archivio.
on line dei miei scritti, alla pagina web www.archivio.pietroichinoit: basta che nella pagina iniziale Lei selezioni Ia parola—chiave "Legge Biagi".
Resto comunque a Sua disposizione per un approfondimento del discorso, se lo riterrà opportuno.

Con i più cordiali saluti.

Pietro Ichino

martedì 17 marzo 2009

Palermo: 1.300 famiglie senza stipendio - lettera

Ciao ,
il mio lavoro, dal 6 settembre 2001, consiste nel rispondere al telefono. A Palermo presso l'azienda che gestisce da sette anni il call center Alitalia. Siamo in 1.300 e rispondiamo per diversi servizi, tutti legati al mondo del trasporto aereo e delle telecomunicazioni. Rispondiamo sette giorni su sette, 24 ore su 24, festivi inclusi. Io ho 31 anni e una bimba di 18 mesi. Ho cominciato a lavorare qui a sei mesi dalla mia laurea in lingue nel 2001 e, ahimé, non ho più smesso. Non che la cosa sia tragica come potrebbe sembrare. Non è detto che il lavoro di assistente telefonica, operatrice di call center, help desk specialist (è divertente quante perifrasi utilizziamo i miei colleghi e io quando ci chiedono che lavoro facciamo) sia degradante o poco gratificante. Penso sempre che la gente dovrebbe, per legge, fare per una settimana almeno il lavoro degli altri prima di giudicarlo in un modo qualsiasi.
Veniamo al dunque: prima di «fallire», Alitalia si è scordata di pagare alla mia azienda 2.800.000 euro per i servizi resi negli ultimi mesi. Inoltre, il 40% di Alicos che era di proprietà di AZ, è stato messo in vendita da Fantozzi al miglior offerente. Pochi giorni fa l'azienda ci ha informato che, a causa della sua capacità economica ridotta, non ci saranno per il momento corrisposti gli stipendi di febbraio. 1.300 persone, 1.300 famiglie a Palermo senza stipendio. Hanno certo un peso specifico inferiore rispetto ai cassintegrati Alitalia (a cui vengono garantiti ammortizzatori sociali mai avuti da nessun altro lavoratore a fronte della perdita del proprio lavoro). Nessuno ne parla. 1.300 giovani palermitani che non sanno cosa ne sarà di loro nel prossimo futuro non fanno rumore.

Barbara Muratore , barbara.muratore@gmail.com

venerdì 13 marzo 2009

Lettera alla signora Biagi - Luc@


Signora Biagi mi chiamo Luca, ho 30 anni e sono un lavoratore attualmente
"precario", da tempo seguo il tema “lavoro e precarietà”.
Mi permetto di scriverle da Milano (la "grande" Milano... quella che un tempo era chiamata la "capitale morale ed economica del paese) dopo aver letto questa mattina un articolo sul Corriere della Sera, che le riporto in calce a questa lettera,
nel quale era riportata una frase attribuita a suo marito (da lei pronunciata durante un incontro),a seguito delle minacce ricevute poco prima del tragico attentato.

La frase era: "Eppure non posso smettere. No, proprio ora che mi trovo al momento giusto e nel posto giusto per riuscire a fare qualcosa che aiuti i disabili, le donne e chi perde il lavoro a 40 anni... No, non posso smettere".


Signora questa frase mi ha davvero colpito, perché, mi perdoni, non avevo finora capito lo spirito di suo marito.

Per anni ho pensato che quella che chiamiamo "legge Biagi" non fosse la legge che davvero avrebbe voluto suo marito.
Dopo aver letto questa sua dichiarazione, signora Biagi, ne sono ancora più convinto !

Per me, per i milioni di precari che ci sono nel paese, vorrei che mi/ci dicesse cosa pensa di quella che attualmente è chiamata "legge Biagi".

Non posso credere che la legge così com’è oggi e che porta il nome di suo marito è la somma del pensiero di Marco Biagi, una legge che non fa sentire noi precari allo stesso livello dei nostri colleghi assunti a tempo indeterminato, permette alle aziende di tenere una persona a progetto per anni risparmiando su contributi e permette loro di versare un misero obolo all'ente di previdenza, non prevede adeguati ammortizzatori sociali, non ci garantisce un futuro e serenità, non garantisce i ragazzi che effettuano degli stages.

La legge così com’è è incompleta.

Secondo il mio modesto parere, signora, non c'è però la volontà di cambiarla, di modificarla, di migliorarla, è diventata praticamente intoccabile.

Dal punto di vista giudiziario è stata fatta giustizia per Marco Biagi, anche se
nessuna sentenza potrà colmare il vuoto dovuto alla perdita di suo marito.

Però vorrei che il la legge che porta il nome di suo marito fosse amata dai giovani, che rispecchi le nostre speranze e i nostri diritti.

Signora mi creda, oggi non è così, molti ragazzi oggi non stimano Marco Biagi,
al contrario, gli addossano colpe e lacune che probabilmente non sono nemmeno sue.

Dal punto di visto legislativo vi sono milioni di persone che attendono delle risposte, delle sicurezze sul proprio futuro, risposte che non arrivano da nessuna parte.
E di certo queste risposte non arriveranno dal Professor Tiraboschi, direttore del Centro Studi Marco Biagi e presidente di ADAPT, il quale, avendo letto le sue dichiarazioni e avendo assistito ad un suo recente intervento, mi chiedo se sia dalla "nostra" parte o più da quella di Confindustria (per citare un’organizzazione vicina alle imprese e non ai lavoratori).

Spero che mi, e ci, possa illuminare a riguardo.

Qualora dovessi o potessi passare per Bologna mi farebbe piacere incontrarla.

Con profonda stima

Cordiali saluti

Luca



La vedova Biagi: io, Marco e la lotta per i disoccupati

«La sera prima mi disse: non posso smettere»

Dopo 7 anni di silenzio la vedova di Marco Biagi parla del marito nell'aula del consiglio comunale di San Lazzaro di Savena

DAL NOSTRO INVIATO

BOLOGNA — Le prime parole in pubblico. Dopo sette anni. Un
ricordo privato. Lui preoccupato per quella scorta che il ministero gli aveva
tolto. Lei che lo incoraggia a tenere duro. Lui che la guarda, le dà ragione,
mai immaginando che solo 24 ore dopo sarebbe morto sotto i colpi di un commando di brigatisti rossi. La tragedia di Marco Biagi, giuslavorista e consulente di vari ministri (l'ultimo fu Roberto Maroni), padre del Libro Bianco e tra gli autori del Patto sul Lavoro, trucidato dalle Brigate rosse il 19 marzo del 2002 all'età di 51 anni, si è materializzata ieri sera nell'aula di un piccolo consiglio comunale alle porte di Bologna, San Lazzaro di Savena.

All'improvviso, sfuggendo a qualsiasi copione, la vedova Marina Orlandi ha
ricordato uno degli ultimi episodi della vita del marito e, forse, della loro
stessa vita matrimoniale. Era il 18 marzo 2002. Marco Biagi, come tutti i
giorni, era rientrato a Bologna, nella casa di via Valdonica 14, nell'ex ghetto
ebraico, poco lontano dalle Due Torri, dopo essere sceso dal treno che lo
riportava da Modena, dove insegnava all'Università, e dopo aver percorso in
sella alla sua bicicletta vicoli e portici del centro storico. Non sapeva che
occhi nemici lo controllavano da tempo. Non sapeva che la sua sorte era
segnata. Era un uomo turbato. Che aveva ricevuto minacce. Si occupava di
lavoro, di precariato: temi delicatissimi, potenzialmente mortali, come aveva
tragicamente confermato l'omicidio di Massimo D'Antona, anche lui consulente di governo.

Eppure a Biagi, in un terribile mix di ottusità burocratica e
negligenze amministrative, era stata tolta la scorta. «Quella sera— ha
ricordato ieri Marina Orlandi nel silenzio quasi solido dell'aula consiliare —
Marco mi riferì la sua preoccupazione e la sua amarezza per il fatto di non
aver più alcuna difesa. Eppure, disse, tratto questioni cruciali».

Fonte Corriere della Sera

giovedì 5 marzo 2009

Lettera 993 - lettera

Intervento n° 993
Sesso F
Età 31-35 anni
Professione Impiegato
Tipo di contratto Dipendente a termine/a progetto/altro
Settore Editoria
CittàPI
La storia:
Il mio progetto era diventare donna. Donna. Adulta. Matura. Indipendente. Compagna. Moglie. Madre. Libera. Un progetto non ambizioso. Non sono mai stata ambiziosa. Quello che volevo io era una vita. Quella per cui i miei nonni hanno lottato, quella che i miei genitori hanno rivendicato, quella che a me oggi si nega. Sono un progetto, con una scadenza, un termine. Sono una sigla cacofonica. Sono una prestazione occasionale. Sono part-time. Sono sola. Ce l’ho messa tutta. Non mi sono mai tirata indietro. Spesso ho ingoiato la mia dignità, sono scesa a patti con le mie idee, ho perso di vista i miei diritti, ho sacrificato il mio privato, ho perso di vista me stessa e chi mi stava accanto. Avevo un progetto, ma non potevo progettare niente. Avevo tanti progetti, ma non avevo il futuro. Il futuro mi è stato negato. Ora ho solo il presente. Ho me stessa. Ho voglia di farcela, di conquistare un piccolo spazio per me. Ho voglia di pensare a un domani non troppo lontano, perché i sogni a lungo termine non mi sono concessi. Ho voglia di vivere. Allora riparto da un progetto, un progetto mio, un progetto piccolo, misurato, sobrio, pudico. Voglio essere una persona. Voglio essere donna. Senza un termine. Senza una scadenza. Il termine me lo può dare solo la vita. Tutto quello che sta nel mezzo, è di mia competenza.

Fonte: http://racconta.repubblica.it/mappa_licenziamenti_in_italia/risultatitotali.php

lunedì 23 febbraio 2009

Jobbing - presentazione libro


Potete trovare nelle librerie "Jobbing" (ed. Sperling & Kupfer)
Jobbing è una guida pratica per orientarsi nel mondo del lavoro: il suo obiettivo non è illustrare come trovare lavoro, ma quale lavoro cercare. Sono 100 schede illustrative di altrettante professioni e tre appendici conclusive dedicate a Curriculum Vitæ, Colloquio e alle tipologie di Contratto e Retribuzione.
Tutte le professioni sono indicizzate in base a otto segmenti di mercato: Media e Comunicazione, Moda e Creatività, Eventi e Turismo, Economia e Marketing, Risorse Umane e Amministrazione, Organizzazione e Servizi, ICT - Information & Communication Technology e Intramontabili.
Per ciascuna scheda è descritto in cosa consiste ciascun mestiere, quali sono le attività che lo identificano, la formazione scolastica più adatta, le competenze tecniche e le caratteristiche relazionali indispensabili per quel determinato profilo. Ed è illustrato anche il percorso professionale che può aprirsi davanti, con le tipologie contrattuali attraverso le quali quella professione viene regolata e le rispettive retribuzioni medie specifiche.
(scheda dal sito "generazione1000euro).
***********************************
Gli autori del libro lo presenteranno presso il Mondadori Multicenter di via Marghera 28 Milano
lunedì 2 marzo alle 18.30

Intervengono:
Walter Passerini, responsabile Io Lavoro - Italia Oggi
Alessandra Alessandri, head hunter Horton International
Marco Montemagno, co-fondatore e amministratore delegato Blogosfere
Mario Pellizzari, vicedirettore Ied Modalab Roma
Modera: Riccardo Pasini, direttore Odeon Tv

giovedì 19 febbraio 2009

Conferenza sul precariato al Piccolo di Milano - incontro

Questa sera ho assistito a Milano a una conferenza sul tema del precariato e sulla flessibilità nel mondo del lavoro.
Ho potuto, dopo aver ascoltato gli interventi del professor Tiraboschi (Professore ordinario di Diritto del lavoro presso l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia ), Giovanna Zucconi (giornalista) e Gad Lerner(giornalista e conduttore televisivo) trarre alcune conclusioni.
Il professor Tiraboschi, nonostante la cattedra e i prestigiosi incarichi che ricopre, non ha forse ben chiaro il disagio che hanno i giovani che devono affrontare un percorso lavorativo che non sanno, spesso, dove li porterà e a che condizioni.
Il giornalista Gad Lerner, ha, credo, saputo ben interpretare il disagio dei pochi giovani in sala, anche la Zucconi si è dimostrata non in sintonia con quanto affermato dal Tiraboschi.
Possibile che (si veda il sottoscritto... precario da 10 anni passato attraverso promesse di assunzione, partita iva, lavoro nero, ritenute d'acconto, co.co.co. ) in Italia non si abbia il coraggio di dire che la Legge Biagi così com'è è vergognosa !!!
Devono essere messi dei paletti, non si può essere precari a vita o per anni, un azienda in tre, sei mesi deve poter decidere se sei valido o meno e magari investire su di te.
Basta imprenditori che frodano il lavoratore (lesinando sui contributi) e lo Stato (sulle tasse), facendoti fare 40 ore di lavoro a settimana (lavoro "subordinato") spacciandolo per un "progetto".
Se io passo 5 giorni su 7 in un ufficio 8 ore al giorno cosa sono ? Un' attaccapanni ?!
Basta con questi "professori" che vivono distanti anni luce dalla realtà, dagli uffici, dalle ditte che mi sembrano come i politici di oggi... distanti anni luce dai nostri problemi.
Abbiamo diritto a un futuro, a sognare, a costruirci un domani. Non siamo tutti dei lavativi o dei drogati o dei viziati. Mi ha fatto male vedere una persona anziana che la pensava in questo modo. Chissà magari nella sua vita però avrà avuto la possibilità di costruirsi una vecchia "serena".

martedì 17 febbraio 2009

Incontro sul precariato al Piccolo Teatro Studio

Un dibattito sul lavoro che cambia per il ciclo "Due ore con..."
Giovedì 19/02 ore 17.30

"Precario, flessibile, sicuro: il lavoro che cambia – confronto fra le teorie e i soggetti del lavoro". È questo il tema del secondo appuntamento di “Due ore con”, ciclo di incontri promossi da Enel, in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano, in cui si confrontano personalità legate al mondo dell’informazione, della cultura, dell’economia, della politica, delle istituzioni.

Giovedì 19 febbraio alle ore 17.30 presso il Piccolo Teatro Studio di Via Rivoli prendono parte al dibattito Gad Lerner, giornalista e autore della trasmissione L’Infedele, Michele Tiraboschi, docente di Diritto del Lavoro presso le Università di Modena e di Reggio Emilia e Giovanna Zucconi, giornalista, scrittrice e autrice. Modera l’incontro Giuliano Da Empoli, sociologo e scrittore.
Al centro del dibattito il significato del lavoro nel mondo moderno, le parole e i contenuti di un sistema economico e sociale che ha conosciuto un’evoluzione straordinaria. In un momento congiunturale come quello che stiamo attraversando, anche alla luce del nuovo modello di contrattazione, le tematiche legate all’occupazione, alla precarietà e alla flessibilità suscitano quotidianamente discussioni e polemiche.

Ingresso libero fino a esaurimento posti

L’incontro sarà trasmesso in streaming sul sito http://www.enel.it


per informazioni e commenti info@piccoloteatro.org

mercoledì 11 febbraio 2009

Tira davvero una brutta aria in Inghilterra - lettera



Lettera inviata al blog di Beppe Severgnini "Italians"
(http://www.corriere.it/solferino/severgnini/)

Caro Beppe,
tira davvero una brutta aria qui in Inghilterra.
Con la stupida frase coniata durante il congresso laburista dello scorso autunno, «british jobs
for british people»,
il premier Brown ha creato false speranze, sciocche illusioni
e potenzialmente risentimento e razzismo.
La Gran Bretagna è in totale caos economico-finanziario.
Ma quello che sta succedendo nelle ultime settimane è ignobile.
La vicenda della Irem in Lincolnshire è il sintomo del malessere ormai non più
malcelato dei britannici verso gli stranieri, europei inclusi.
Quando le cose andavano bene la manodopera straniera faceva comodo eccome,
dato che i britannici si tenevano per loro i lavori migliori facendo fare quelli meno
retribuiti agli stranieri. Adesso ovviamente con la crisi il giocattolo si è
rotto, la disoccupazione impazza, e il lavoro non te lo «scegli» più, ma prendi
quello che c'è perché sei disperato e devi pagare mutuo e bollette.
Vivo nel Regno Unito da dieci anni e mi sono trasferito da poche settimane nel
Pembrokeshire (Galles). Nazione civile e ospitale, popolazione più cordiale e
aperta di quella inglese. Eppure qualche giorno fa sono andato dal barbiere e
fuori c'era un bel cartello con scritto “«british jobs for british people, it is time to stand up».
Se inizio a respirare questa brutta aria nella quiete campagna gallese, temo davvero il peggio nelle «meno civili» e più pericolose Nottingham o Manchester.
Viviamo in una società di libero mercato, i cittadini europei hanno gli stessi diritti di quelli britannici, il mercato del lavoro e delle merci è «comune».
Tornare al protezionismo è pericoloso, e in un Paese multietnico e multiculturale come il Regno Unito, potenzialmente autodistruttivo.
Dallo stupido cartello della vetrina del barbiere alla «caccia
all'indiano» (o italiano) a Liverpool il passo è piu' breve di quello che si
possa immaginare, sapendo soprattutto quanto è inguaiato al momento questo
Paese e a quanto è arrabbiata la popolazione.

Autore Roberto Diomede

venerdì 30 gennaio 2009

"Lei è troppo qualificato"... e poi chiudono (i battenti ndr) - lettera



Lettera inviata al blog di Beppe Severgnini "Italians" (http://www.corriere.it/solferino/severgnini/)

Caro Beppe,
seguendo il filo di parecchi messaggi che ho letto qui, vorrei portare alla tua attenzione un dettaglio che mi pare sfugga a molti. Sono felicemente emigrato in Svizzera da poco meno di un anno, dove sono stato spinto da una semplice e banale considerazione: ho circa 50 anni, un curriculum invidiabile nel campo informatico (così dicono gli "head hunter") e ho lavorato quasi ovunque nel mondo. Ebbene, facendo il free lance in Italia, ad ogni colloquio con grandi aziende di consulenza ho sempre sentito dire "lei è troppo qualificato" oppure, in alternativa, "il profilo è il perfect fit, ma non ora". Sono riuscito, per anni, a rimediare incarichi da "Mission Impossibile" (questo contratto si autodistruggerà entro 3 mesi): bada bene, non ho mai chiesto più del prezzo di mercato. Poi, un giorno, per caso, un imprenditore svizzero a Basilea mi ha semplicemente detto: "Sei molto qualificato, ti offriamo un contratto a tempo indeterminato, se firmi qui quella è la tua scrivania". Il resto è storia per me, ma una lezione per quelle aziende italiane che "lei è troppo qualificato" e poi chiudono. Non te le cito qui, magari ne parliamo a fianco della prossima pizza, ma sembra che in Italia, dopo i 35 anni i consulenti del mio settore, l'informatica, vengano sciolti nell'acido e spariscano per sempre: ogni offerta di lavoro riporta una patetica riga "Età max. 35 anni". Giusto dare spazio ai giovani, giustissimo, ma qualcuno che dia loro una mano a crescere no? Ma soprattutto, perchè se hai il background invidiabile devi restare a casa oppure emigrare? Comunque li ringrazio tutti, i grandi direttori delle risorse umane dallo stipendio di giada: senza loro non avrei mai scoperto un Paese nel quale "senso civico" non è un cartello stradale per la zona pedonale. Saluti dalla ridente Basilea.


Autore M. Ieva