domenica 11 dicembre 2011

Vi ricordate il collegato lavoro? - articolo da Il Fatto Quotidiano

Un anno fa, di questi tempi, le Camere approvavano il cosiddetto collegato lavoro (la legge 183/2010). La sanatoria voluta dal passato Governo per colpire tutti i precari e le precarie.

Scopo della riforma era quello di rendere praticamente impossibile l’impugnazione dei contratti atipici (che fra l’altro nella gran parte dei casi sono illegittimi) da parte dei precari e delle precarie, introducendo tempi strettissimi per far valere i propri diritti. Una volta scaduto il contratto, se questo non viene impugnato entro 60 giorni, addio diritti. La vecchia normativa garantiva invece anni di tempo a chi intendeva fare causa al suo ex-datore di lavoro: con il Collegato lavoro, visto che l’arco di tempo entro il quale si può fare causa al proprio datore di lavoro si accorcia appunto a 60 giorni, o ci si muove per tempo, o dopo non si può più rivendicare niente!

È fin troppo facile immaginarsi i dubbi amletici di chi vive sotto il ricatto perenne del rinnovo: “Se impugno il contratto non me lo rinnovano più, ma se poi non lo rinnovano non posso più impugnarlo?” La precarietà è isolamento e disinformazione, ma soprattutto è ricatto e consenso: spezziamo questa catena.

Quindi attenzione! La norma del collegato lavoro entrata in vigore il 24 novembre 2010, è stata di fatto congelata con il decreto mille proroghe fino al 31 dicembre 2011. Ciò significa che i lavoratori i cui contratti a termine sono già scaduti hanno tempo fino al 31 dicembre 2011 per impugnarli. Non solo: il termine di 60 giorni a pena di decadenza, si applica anche per il caso di trasferimento, di cessione d’azienda, di appalti simulati (l’enorme galassia delle cooperative).

Ma non è finita qui. La riforma prevede che, anche nel caso fortunato che un lavoratore riesca a ottenere la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, ci sia un tetto al risarcimento massimo che il datore di lavoro può essere condannato a pagare. A prescindere da quanto tempo il lavoratore sia rimasto disoccupato per colpa del comportamento illegittimo del padrone, il risarcimento massimo sarà di dodici mesi di stipendio. Quest’ultima norma si applica pure alle cause in corso.
Fonte : Il Fatto Quotidiano

sabato 5 novembre 2011

Trentenni e lavoro - post dalla rete

Trentenni e lavoro

Caro Severgnini, si parla tanto dei giovani, delle politiche a favore dei giovani e dei problemi dei giovani quando vengono posti davanti al mondo del lavoro. Chi sono allora i giovani? Sono ragazzi che hanno fatto sacrifici per 5 anni, magari lontano da casa, per ottenere una formazione superiore, e ora vengono additati come pelandroni privi di olio di gomito. Sono persone che per i cinque o sei anni successivi al termine degli studi hanno accettato lavori malpagati, degradanti, hanno ingoiato insulti e si sono comunque trovati sostituiti da “carne fresca” allo scadere del contratto. Sono uomini e donne che non hanno una certezza, non hanno un’indipendenza o prospettive, ma debbono accettare l’epiteto “bamboccioni” quando si scopre che sono ancora sotto il tetto paterno.

Io ho 31 anni, non sono più un “giovane” e tanto meno un “vecchio sistemato”, non so nemmeno in che regione lavorerò tra un mese e non ho prospettive per il futuro: mi viene da ridere al pensiero che i miei genitori (della generazione che ci addita come bamboccioni) alla mia età avevano già una casa di proprietà e due figli. La cosa che più mi scoraggia però sapete qual è? Che quando le aziende inizieranno ad investire di nuovo sui giovani (sperando che questa circostanza si verifichi, in prima istanza), chi credete che assumeranno? Io credo che punteranno sulle nuove leve, i 25enni freschi di studi, i cosiddetti “novantini”. I 30enni come me, generazione anni ’80, saranno relegati in uno scaglione ISTAT che ha perso ogni opportunità, ha visto i propri sogni traditi e non ha né un presente né un futuro.

Con la fine di novembre scade il mio ennesimo contratto a progetto, e tornerò ad inviare CV, resume e lettere di presentazione. Sono stufo e stanco: credo che la mia generazione abbia molto da dare e poche possibilità per farlo. A questo giro tentiamo anche la strada dell’estero, chissà che gli Italians non vogliano farmi il loro “in bocca al lupo” o darmi qualche suggerimento.
Lorenzo Zampieri
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Mia risposta :
Ciao Lorenzo,
io sono stato assunto a tempo indeterminato a 32 anni.
Non ci sperava più e questo è avvenuto dopo anni di contratti a progetto e prese in giro. Ora la mia vita è cambiata, un po’ in meglio : posso fare qualche progetto in più.
Ti posso suggerire di continuare a mandare curriculum, cercando di selezionare aziende che possanno, dall’esterno, sembrare solide ed affidabili. Specificare nella lettera di presentazione che non intendi affrontare percorsi con contratti a progetto (l’azienda, se è seria e ti vuole valutare ha tre mesi per farlo se non ricordo male). Investi su una lingua straniera : questo ti può aiutare a candidarti per posizioni specifiche dove essa è richiesta. Un grosso in bocca al lupo. Luca !

venerdì 7 ottobre 2011

A quando un referendum sulla legge per Biagi ? Luc@

Post pubblicato sul blog Italians di oggi, martedì 28 settembre.

Caro Beppe,
volevo trovare qualche parola incoraggiante per quel ragazzo, Christian Auricchio (“Generazione precaria”, 6 ottobre - http://bit.ly/qYzcoG) che ti domanda quanto ancora potrà durare la situazione dei precari nel nostro Paese. La tua risposta è sintetica, ma chiara: poco. E non riesco, mentre ti scrivo, credimi, a non pensare alle cinque operaie morte a Bari sotto le macerie per cercare, nel lavoro che svolgevano o forse solo nel salario che percepivano, un po' di respiro. Anche se ormai sono assunto a tempo indeterminato da un anno e, nonostante si faccia comunque una gran fatica, il posto fisso è davvero tutta un altra cosa. Chissà quanti Christian si pongono delle domande, cercano di capire se la vita è tutta in salita o se si può arrivare a conquistarsi un po' di tranquillità. L'amara verità Beppe, e che, per ora, dipende davvero tutto da noi. Quasi nessuno se sei precario ti aiuta. Le pacche sulle spalle, quelle, non mancano. I nostri politici che potrebbero provare a risolvere il problema concretamente non fanno nulla. Ce ne fosse uno, credibile, che mettesse il problema della precarietà al primo posto forse arriverebbe a prenderebbe anche parecchi voti. I sindacati,sai, troppo spesso mi sembra che guardino dall'altra parte e in certi ambienti preferiscono non muovere un dito. Eppure vi avevo riposto tante speranze, disattese. Affinchè arrivassi a togliermi qualche "sassolino dalla scarpa" nei confronti di chi ha utilizzato i contratti a progetto con tanta disinvoltura, ho dovuto cercarmi un onesto avvocato. Ma per uno che è risucito, almeno in questa fase della propria vita, a trovare un po' di serenità, quanti giovani dovranno andarci ancora di mezzo o aspettare chissà quanto per provare a vivere un futuro migliore? Gli anni passano e sul tema si sono spesi fiumi di parole, scritti, libri e girati film, c'è anche chi ci ha guadagnato su. Troppi individui, più o meno giovani, sono ancora li’ avvolti dall'incertezza.
E se arrivassimo,un giorno, ad un referendum sulla legge Biagi?