martedì 26 maggio 2009

Come compilare un curriculum... - dalla rete



Ecco alcuni "accorgimenti" da seguire...
Si ringrazia il signor Ermanno Nuonno.

Molte proposte da ragazzi italiani vengono cestinate per ignoranza di galateo d'ufficio. Vorrei perciò aiutarli a farsi notare consigliando la messa in pratica di queste poche regole.
1. Quando si telefona, la persona che risponde ha la precedenza nel terminare la chiamata e non viceversa
2. Una email deve essere breve, con punti chiari e firmata
3. Quando si viene convocati per un colloquio si arriva in anticipo, vestiti e curati dignitosamente, con il cellulare spento e con gli occhiali da sole in tasca
4. Il curriculum deve essere breve, massimo di due pagine. Non usate quelli «europei» che si trovano in internet: irritano.
Il curriculum deve contenere nell'ordine seguente:
A) dati essenziali (nome, cognome, data di nascita, indirizzo e contatti)
B) attuali mansioni e responsabilità
C) gli ultimi tre-quattro lavori con date, mansioni e responsabilità
D) esperienze specifiche, corsi di specializzazione e livello di conoscenza di lingue straniere
E) ultimo grado di istruzione (solo il titolo)
F) interessi vari
G) referenze - solo quelle di lavoro.
Usare una breve lettera di introduzione, se possibile scritta a mano, sottolineando il fatto che vi considerate la persona adatta.
Non dilungatevi: se avete le caratteristiche giuste sarete chiamati a un colloquio durante il quale avrete la possibilità di «vendere» i vostri meriti.
Durante il colloquio non discutete stipendio e modalità. Infine: siate onesti, non inventate lavori mai fatti o livelli ben fuori le vostre capacità - il vostro interlocutore conosce tutti i trucchi del mestiere e scoprirà la verità in cinque minuti.
Infine: ringraziatelo per l'opportunità e ditegli che sperate di avere notizie al più presto.
In bocca al lupo.

Ermanno Nuonno

mercoledì 6 maggio 2009

Le nostre pensioni e il nostro futuro - Luca + articolo

Mentre per anni, banche e assicurazioni private incalzavano i potenziali clienti a stipulare una
pensione integrativa perché da una ricerca di questi giorni arriva una notizia un minimo rassicurante: l'Inps non fallirà (perché tutti noi vivremo di più, lavoreremo di più, saremo più
produttivi e perché potremo contare sulla leva degli immigrati che pagheranno
i contributi anche per noi).

Badate bene che saranno però necessarie un aiuto previdenziale integrativo...
diversamente si rischia di vedersi corrispondere una pensione drammaticamente più bassa dello stipendio percepito.

Certo, pensare a una pensione integrativa con 1000 euro di stipendio al mese è dura,
sapete ?

Il governo potrebbe dare qualche chiarimento in merito, invece di
preoccuparsi di Facebook o del fenomeno di "spettacolarizzazione dei
precari"... vero Brunetta ?
Da lavoratore a progetto sono molto preoccupato...


"In uno studio del Cnel e del Cer il quadro sul sistema previdenziale da oggi sino al 2050"


ROMA - Il temuto tracollo del sistema previdenziale
non ci sarà, perché vivremo di più, lavoreremo di più, saremo più produttivi e
perché un esercito di immigrati - ronde permettendo - pagherà i contributi
anche per noi. Ma detto questo i figli staranno peggio dei padri: se vorranno
far sì che il loro assegno sia più o meno riconducibile a quello dei loro
vecchi dovranno rassegnarsi ad andare in pensione più tardi.
E comunque sia, senza un sostanzioso aiuto dalla previdenza integrativa, le loro rendite saranno via via più povere. Intersecando le linee della demografia, del Pil, dell'occupazione e della durata e qualità del lavoro un corposo studio voluto ed elaborato dal Cnel e dal Cer ci racconta come sarà la nostra previdenza da ora al 2050.

Un lasso di tempo lungo durante il quale - visto il pieno passaggio che intanto si realizzerà fra sistema retributivo e contributivo - la tenuta dei conti dovrebbe restare salda: messa in rapporto con il Pil continuerà a crescere fino al 2010, ma poi finirà per l'assestarsi fra il 13,6 e il 14 per cento. Ciò sarà possibile non solo grazie al fatto che lavoreremo e produrremo di più (lo studio dimostra, tra l'altro, che a titolo di studio più alto corrisponde una vita più lunga), ma soprattutto perché l'assegno previdenziale sarà drammaticamente più basso se riferito all'ultimo stipendio percepito.

E messo in rapporto con la media dei salari il suo valore andrà affievolendosi.

Per esempio: tenendo conto del fatto che chi può avvalersi a pieno del sistema retributivo va oggi in pensione con il 67 per cento dello stipendio, chi lascerà il lavoro fra il 2020 e il 2030 avrà un assegno tarato sul 62 per cento dell'ultima retribuzione (considerando un lavoratore dipendente).

Chi lo farà nel decennio successivo partirà da una base del 55 per cento, chi ancora lascerà il lavoro fra il 2040 e il 2050 solo del 48.

Ciò vorrà dire - per poter godere dello stesso livello di partenza dei padri - dovrà rispettivamente lavorare un anno in più, tre anni in più e cinque anni e mezzo in più (che si aggiungerebbero al 61 anni considerati età minima pensionabile).

Non solo: visto che l'assegno e indicizzato alle pensioni, ma non al Pil diventeremo via via più poveri. Chi andrà in pensione nel 2024 (più o meno i quasi cinquantenni di oggi) potrà contare su un assegno che - rapportato alla media dei salari - varrà il 57 per cento.

Ma vent'anni dopo la sua rendita corrisponderà solo al 37 per cento di quello che sarà il salario medio.

Niente di inatteso in realtà: "Questo quadro nasce dalle riforme Amato e Dini" spiega Carlo Mazzaferro, professore di Scienza delle Finanze all'Università di Bolonga. Certo i giovani di adesso cominceranno a lavorare più tardi e vivranno di più, ma la loro pensione sarà a serio rischio povertà, integrazioni a parte

Autore LUISA GRION
Fonte Repubblica