lunedì 19 aprile 2010

Crisi in Lombardia - articolo



Cassa integrazione, in marzo aumento del 48,7%.
«Dall’inizio dell’anno licenziati 16 mila dipendenti»

MILANO - Nessuno si aspetta buone notizie dal mercato del lavoro. Almeno per il 2010. I problemi sono: quanto profonda è la crisi? Quanto distante è la risalita? Dai dati sulla cassa integrazione autorizzata a marzo in Lombardia non arrivano risposte in grado di risollevare il morale. Continua ad aumentare la cassa integrazione autorizzata in regione. E i pochi che hanno trovato lavoro nel 2009 si sono dovuti accontentare in tre casi su quattro di un’occupazione a termine.

Boom della cassa. Partiamo dalla cassa integrazione. Secondo un’elaborazione Uil su dati Inps, la somma di cassa integrazione ordinaria e straordinaria autorizzata in regione è passata dai 30 milioni di ore di gennaio ai 28 milioni di febbraio per risalire fino ai 42 di marzo. Più 48,7% nell’ultimo mese. Il balzo in avanti è da imputare soprattutto alla cassa straordinaria (quella legata alle crisi più serie). La cigs, infatti, è aumentata in un mese del 61,5%. «Secondo una prima stima, sono circa 200 mila i lavoratori coinvolti dalla cassa in regione», fa il punto Claudio Negro, della segreteria regionale Uil. «Il dato positivo della faccenda è che mentre la cassa cresce diminuisce la mobilità, cioè i licenziamenti tout court — continua il sindacalista —. In ogni caso ci aspettiamo che la cassa integrazione resti a livelli elevati almeno fino alla fine dell’anno ».

Sedicimila licenziati. A proposito di licenziamenti, tra gennaio e marzo 16.200 lombardi hanno perso il posto e si sono iscritti alle liste di mobilità. Il 16% in più rispetto al corrispondente periodo del 2009, il 66% in più rispetto a gennaio-marzo 2008. Questi dati riguardano solo licenziamenti per riduzione del personale di persone con contratto a tempo indeterminato. Non si tiene conto, quindi, dei contratti a termine non rinnovati. Da gennaio 2009 al 12 aprile le domande di cassa in deroga (quella riservata alle piccole imprese) in Lombardia sono state 24.342, i lavoratori coinvolti 160 mila per un totale di oltre 103 milioni di ore richieste. Segno che la crisi continua a mettere a dura prova anche la piccola impresa.

Posto fisso cercasi. In un momento così delicato chi perde il lavoro se va bene si ricolloca a tempo determinato. A certificare come il posto fisso stia diventando una chimera sono i dati dell’Agenzia regionale del lavoro. Nel 2009 in Lombardia il 25% degli avviamenti è stato a tempo indeterminato (uno su quattro) contro il 44% di contratti a termine, il 14% di lavori a progetto, il 12% di lavori in affitto. Ridotti ai minimi termini gli avviamenti con il contratto di apprendistato: solo il 3% del totale.

L’appello delle imprese. «Non mi stupisce che gli imprenditori centellino le assunzioni a tempo indeterminato— osserva Ambra Redaelli, presidente comitato piccola industria di Confindustria Lombardia —. In un momento così delicato si misura con attenzione la lunghezza del passo. D’altra parte in tempi non sospetti avevamo detto che l’onda lunga della crisi sull’occupazione sarebbe arrivata nel 2010». Secondo Redaelli i piccoli fanno i conti con un paradosso. Hanno fatto sacrifici pur di non licenziare. E adesso le banche centellinano il credito proprio perché l’impresa deve farsi carico degli stessi costi del personale di due anni fa quando il giro d’affari è drasticamente diminuito. Confindustria Lombardia dice chiaro che «le imprese hanno bisogno di essere sostenute e si aspettano molto dalle politiche industriali della nuova giunta Formigoni». Oltre al credito, a preoccupare i piccoli è il costo delle materie prime. «Gli aumenti mettono in difficoltà le imprese — conclude Redaelli —. Ma sono anche il segno che il cancro della speculazione non è ancora stato sconfitto ».

Rita Querzé
fonte: Corriere della Sera

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