mercoledì 11 febbraio 2009

Tira davvero una brutta aria in Inghilterra - lettera



Lettera inviata al blog di Beppe Severgnini "Italians"
(http://www.corriere.it/solferino/severgnini/)

Caro Beppe,
tira davvero una brutta aria qui in Inghilterra.
Con la stupida frase coniata durante il congresso laburista dello scorso autunno, «british jobs
for british people»,
il premier Brown ha creato false speranze, sciocche illusioni
e potenzialmente risentimento e razzismo.
La Gran Bretagna è in totale caos economico-finanziario.
Ma quello che sta succedendo nelle ultime settimane è ignobile.
La vicenda della Irem in Lincolnshire è il sintomo del malessere ormai non più
malcelato dei britannici verso gli stranieri, europei inclusi.
Quando le cose andavano bene la manodopera straniera faceva comodo eccome,
dato che i britannici si tenevano per loro i lavori migliori facendo fare quelli meno
retribuiti agli stranieri. Adesso ovviamente con la crisi il giocattolo si è
rotto, la disoccupazione impazza, e il lavoro non te lo «scegli» più, ma prendi
quello che c'è perché sei disperato e devi pagare mutuo e bollette.
Vivo nel Regno Unito da dieci anni e mi sono trasferito da poche settimane nel
Pembrokeshire (Galles). Nazione civile e ospitale, popolazione più cordiale e
aperta di quella inglese. Eppure qualche giorno fa sono andato dal barbiere e
fuori c'era un bel cartello con scritto “«british jobs for british people, it is time to stand up».
Se inizio a respirare questa brutta aria nella quiete campagna gallese, temo davvero il peggio nelle «meno civili» e più pericolose Nottingham o Manchester.
Viviamo in una società di libero mercato, i cittadini europei hanno gli stessi diritti di quelli britannici, il mercato del lavoro e delle merci è «comune».
Tornare al protezionismo è pericoloso, e in un Paese multietnico e multiculturale come il Regno Unito, potenzialmente autodistruttivo.
Dallo stupido cartello della vetrina del barbiere alla «caccia
all'indiano» (o italiano) a Liverpool il passo è piu' breve di quello che si
possa immaginare, sapendo soprattutto quanto è inguaiato al momento questo
Paese e a quanto è arrabbiata la popolazione.

Autore Roberto Diomede

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